Una panoramica sui movimenti degli orologi automatici e le principali variabili ad essi collegate.
Il movimento meccanico a carica automatica
In un orologio meccanico, l’energia che consente il movimento delle ruote viene trasmessa dalla molla di carica. Questa energia è una risorsa limitata, che richiede periodicamente di essere ricaricata. In un orologio a carica manuale si ruota la chiave di carica o la corona in modo tale da riportare in tensione la molla .
Il funzionamento di un orologio meccanico a carica automatica si basa sugli stessi principi di uno a carica manuale, ma si carica autonomamente sfruttando il movimento del polso di chi lo indossa. Il lavoro che in un manuale viene svolto dalla corona, in un automatico è delegato ad una massa oscillante che ruotando riporta in tensione la molla di carica.
Nascita degli orologi automatici
L’orologiaio svizzero Abraham-Louis Perrelet inventò nel 1777 un orologio da tasca in grado di caricarsi tramite il movimento di chi lo indossava. Utilizzava una massa oscillante posta sul lato del calibro. In seguito a quindici minuti di camminata, l’orologio era in grado di accumulare carica per circa 8 giorni. Il primo orologio automatico ad utilizzare un rotore centrale fu invece inventato dal francese Hubert Sarton nel 1778, ispirandosi al lavoro di Perrelet.
Il successo definitivo dei movimenti automatici arrivò dopo la prima guerra mondiale, insieme alla diffusione degli orologi da polso. Portando l’orologio al polso anziché in tasca si poteva infatti trasmettere un maggior quantitativo di energia cinetica al movimento, sfruttando al meglio questo sistema. Il brevetto per l’orologio da polso a carica automatica venne depositato nel 1923 dall’orologiaio inglese John Harwood, che nel 1926 collaborò con Fortis per la realizzazione del primo orologio da polso automatico della storia.
Nel 1930 Rolex presentò l’Oyster Perpetual, che sfruttava il movimento a 360° del rotore e forniva una riserva di ricarica di circa 35 ore. Si trattò di un notevole miglioramento: nel sistema di Harwood il rotore ruotava per circa 200° e la riserva di ricarica era di 12 ore.
Un’altra importante innovazione arrivò nel 1948 da parte di Eterna. Il sistema Eterna-Matic incorporava per la prima volta un rotore che ruotava su di un cuscinetto a sfere, migliorando la rotazione e riducendo l’usura dei componenti.
Alcune variabili relative ai movimenti automatici
Nel corso degli anni sono state sviluppate numerose tipologie di masse oscillanti. Per fare qualche esempio, la massa oscillante può essere costituita dal classico rotore, può essere un micro-rotore decentrato o ancora può venire implementata in veste di massa periferica (o perimetrale). Le soluzioni alternative al rotore classico sono solitamente pensate allo scopo di ottenere un movimento più sottile, poiché il rotore aggiunge qualche mm di spessore.
Un’altra variabile può essere il senso di rotazione in cui il rotore carica la molla. Troviamo infatti calibri con massa oscillante che carica in senso unidirezionale ed altri che sono in grado di caricare in entrambi i sensi di rotazione. Nel caso di movimenti a carica bidirezionale è necessaria la presenza di ingranaggi invertitori, che fanno sì che sia utile la rotazione del rotore in qualunque senso.
Alcuni movimenti automatici offrono inoltre la possibilità di essere caricati manualmente. Questa caratteristica risulta utile per fornire la carica iniziale ad un orologio automatico completamente scarico. Il celebre calibro Seiko 7S26 ad esempio non fornisce la carica manuale, ma nonostante ciò non richiede particolari sforzi o accorgimenti per ripartire da fermo. Seiko ha infatti parzialmente aggirato questo problema implementando un sistema chiamato Magic Lever, ossia una forcella che permette al movimento di caricarsi in minor tempo.
Riserva di ricarica
La durata della carica della molla viene definita riserva di ricarica. Se si arriva ad una carica completa e si ripone l’orologio senza più muoverlo, questo continuerà a marciare fino a che non abbia esaurito la sua riserva di energia.
Su un discreto numero di movimento standard la riserva di ricarica si aggira intorno alle 40 ore, ma numerosi orologi superano tale valore. In alcuni casi troviamo inoltre più di un bariletto di carica, allo scopo di fornire energia per maggior tempo.
Alcuni movimenti offrono un indicatore di riserva di ricarica, che risulta particolarmente utile nei movimenti automatici. In quelli manuali ci si può infatti affidare alle sensazioni restituite ruotando la corona, mentre negli automatici non abbiamo alcun feedback relativo alla carica del movimento. Quando si utilizza un orologio meccanico, sarebbe opportuno mantenere la carica sopra ad una determinata soglia, poiché i componenti sono pensati per lavorare ad un certo livello di tensione.
L’indicatore di riserva di ricarica è una complicazione nata sui cronometri marini e diffusasi soprattutto grazie a Breguet negli anni ’30 e a Jaeger-LeCoultre con il calibro 481 del Powermatic presentato nel 1948. Orient ha fatto della riserva di ricarica un marchio di fabbrica. Su numerosi modelli della casa giapponese troviamo un indicatore a testa in giù nella parte alta del dial.
Sovraccaricare un movimento automatico
Quando si carica un orologio manuale è buona norma fermarsi quando il movimento della corona si fa più faticoso o quando si blocca del tutto. Se si continua, si potrebbe rompere la molla. In un orologio automatico deve essere il movimento stesso a capire quando smettere di tradurre in carica il movimento del rotore. In caso contrario faremmo la fortuna degli orologiai.
Per impedire che questo accada, gli orologi automatici sono provvisti di un sistema di sicurezza che causa lo slittamento della molla una volta raggiunta la carica completa. Il sistema a brida di slittamento (la brida è in sostanza il tratto che collega la molla al bariletto) è stato brevettato da Adrien Philippe (Patek Philippe) nel 1863. Grazie a questo sistema, si avvertirà uno slittamento della corona anche in caso si provi a caricare manualmente un orologio automatico.
Concludendo, non è possibile sovraccaricare o rompere la molla di carica in seguito ad eccessiva rotazione.